Pandemia e guerra ci stanno cambiando con conseguenze psicologiche ancora da valutare

Certo le morti, le bare che hanno sfilato a Bergamo, la disperazione dei famigliari delle vittime che non hanno potuto portare l’ultimo saluto ai propri cari e neppure vederli dopo che sono deceduti e i sacrifici del personale sanitario che è rimasto ligio al proprio dovere sempre per alleviare la sofferenza dei contagiati rimarranno per molto tempo impressi nelle menti di tutti noi assieme alla tristezza e alle preoccupazioni che ci hanno procurato.
La pandemia causata dal Covid è diversa per tante ragioni a quelle che ci sono state in passato. Mi riferisco alla Spagnola, o prima ancora, alla peste ed altre.
Oltre ai diversi sintomi fisiologici la differenza è dovuta anche alla spettacolarizzazione che quella attuale ha potuto avere a differenza delle altre che l’hanno preceduta in quanto non avevano a disposizione i media e i social come nell’attuale.
In questo caso poi vi sono stati regolamenti, leggi emanate appositamente e impedimenti che hanno negato, anche giustamente, il normale svolgimento della quotidianità.
All’improvviso ci siamo ritrovati rinchiusi in casa senza poter andare a svolgere mansioni che fino al giorno prima erano routine.
Non siamo potuti andare a trovare i nostri cari, gli amici, e addirittura i nostri figli e nipoti non hanno frequentato la scuola con regolarità ma, addirittura, le aule scolastiche si sono trasformate in monitor per fare lezione da remoto a causa della paura di contagiare o essere contagiati.
Anche il lavoro da remoto è diventato un’abitudine in molti casi. Genitori e figli si sono contesi i computer, i tablet e i telefonini, gli uni per seguire le lezioni e gli altri per lavorare.
Sono cambiate le abitudini, anche quelle più radicate come ad esempio il cappuccino e cornetto la mattina al bar o il fine settimana al ristorante o in pizzeria con la famiglia o con gli amici. Possono apparire sciocchezze ma non lo sono perché hanno impedito la socialità delle persone che si sono così rinchiuse sempre di più in se stesse rimuginando le proprie convinzioni senza confrontarsi ed usufruire dei consigli degli amici e dei dei parenti.
Per due anni circa in tutte le famiglie vi sono state le televisioni accese e in ogni programma, specialmente nei continui talk show, sono stati comunicati il numero dei contagiati, dei ricoverarti, di quelli ricoverati nelle terapie intensive e dei morti.
Tutto giusto e corretto e nessuno, tanto meno io, vuole limitare la libertà di informazione.
Le prescrizioni impartite, il martellamento continuo dei bollettini però sono stati e lo sono tutt’ora, causa di risvolti positivi, come quelli per il mantenimento delle regole, e negativi in quanto hanno alimentato ansie, fobie, forme ossessive depressioni, hanno incrementato l’abuso di sostanze e di alcol e si sono presentate tutte quelle difficoltà relazionali che la vita esterna in qualche modo compensava, per esempio molte coppie sono entrate in crisi e tante di queste hanno deciso di separarsi e divorziare.
I dibattiti, le interviste agli esperti e gli interventi sui social non sempre hanno aiutato a spiegare e capire il momento che stavamo e stiamo attraversando ma, anzi, in molti casi hanno contribuito a trasmettere il messaggio che non ci libereremo più da questo “incubo” in quanto la pandemia potrà ripresentarsi tutti gli anni con varianti diverse anche se, quasi sicuramente, meno aggressive e più facilmente curabili.
Gli studiosi del settore ci hanno trasmesso che purtroppo le conseguenze economiche per l’accaduto saranno, probabilmente, catastrofiche e lasceranno il nostro paese sulle ginocchia e potrebbe essere difficile lavorare e mantenere le famiglie.
Ossia ci è stata tolta la speranza: quella di un futuro migliore.
Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale i padri, non hanno la certezza che i figli staranno meglio di loro, ma al contrario, la preoccupazione che staranno peggio con un futuro pieno d’ombre
Senza la speranza le persone cadono nella depressione perché viene a mancare il respiro che dà un futuro roseo a cui poter ambire.
Spesso ci troviamo ad affrontare queste tematiche con i nostri pazienti.
La paura per la guerra ha aggravato il tutto.

In questo momento storico ciò che accade tra Russia e Ucraina è quanto di più insensato poteva accadere. La guerra portata nelle case con le terribili immagini trasmesse, i disastri che causa e i lutti che procura producono angosce e fobie che si sommano a quelle della pandemia rischiando di cronicizzare le patologie e di allontanare i labili segnali di speranza che potevano essere intravisti con difficoltà.
Quanti e quali saranno i danni psicologici lasciati dalla pandemia e dalla guerra lo potremo constatare solo in seguito, oggi possiamo solo prevederli e forse bene ha fatto il governo a prevedere il bonus psicologo che a mio giudizio andrà potenziato.

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