16 Marzo 1978. Sono passati 46 anni. Eppure ricordo come ieri quel giorno. Ero un giovane militante della FGCI.
Ero a scuola e durante la ricreazione, arrivo’ di corsa la professoressa di Italiano, tutta trafelata, annunciando che le BR avevano rapito Aldo Moro ed ucciso gli uomini della sua scorta, in via Fani a Roma. Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, così si chiamavano i 5 agenti della scorta. Quella mattina, del rapimento di Aldo Moro, doveva essere votata la fiducia ad un governo che vedeva per la prima volta l’entrata in maggioranza del PCI. Aldo Moro ed Enrico Berlinguer erano stati gli artefici di quel percorso.
Ricordo bene che subito nella scuola si tennero assemblee e scioperi immediati nelle fabbriche, per dire no al terrorismo.
55 giorni duro’ la prigionia di Aldo Moro.
Giorni convulsi, in cui innumerevoli furono i depistaggi. Ai vertici dei servizi segreti e delle forze di polizia sedevano, non a caso, uomini i cui nomi alcuni anni dopo furono ritrovati negli elenchi della loggia P2 di Licio Gelli. L’ Italia doveva rimanere una “democrazia bloccata” e l’ ingresso del PCI nell’ area della maggioranza di governo non poteva essere tollerato. La strategia del “compromesso storico” di Enrico Berlinguer e la politica di attenzione verso il PCI di Aldo Moro dovevano essere fermate ad ogni costo. Stati Uniti e anche l’ Unione Sovietica avversavano questo progetto. Kissinger aveva minacciato Moro avvertendolo di non proseguire su questa strada.
Moro non doveva e poteva essere liberato. Ricordo, in particolare una grande manifestazione, il 25 Aprile, il giorno della Liberazione, a Livorno, con Pietro Ingrao, Presidente della Camera dei Deputati. La piazza stracolma, le bandiere rosse del PCI , delle altre forze di sinistra, del sindacato, e le bandiere bianche della DC, anche se meno numerose.
E poi il 9 maggio del 1978, quando il corpo di Aldo Moro fu ritrovato riverso in una Renault 4 in via Caetani, una traversa tra le Botteghe Oscure, dove era la sede del PCI, e Piazza del Gesù, dove invece era la sede della DC. Alla notizia data da un Tg straordinario, uscii velocemente di casa, per recarmi alla federazione del PCI, allora provvisoriamente in via Coppino, nella Darsena ( per anni di fronte ad eventi drammatici come questo, naturale e spontaneo era accorrere a quella che era la nostra sede).
E subito venne organizzata una imponente manifestazione unitaria.
Era un Paese, l’Italia del 1978, e degli anni precedenti e di alcuni successivi, dove quasi ogni giorno, un poliziotto, un magistrato, un professore universitario, un operaio, cadevano vittime del terrorismo sanguinario delle Brigate Rosse. E dove vi era lo stragismo fascista che lasciava decine di morti da Milano, Piazza della Loggia, il treno Italicus, la stazione di Bologna. Era l’Italia dove poteri occulti, pezzi deviati dello Stato, con regie di servizi segreti di altri paesi, operavano per minare lo stato democratico, impedire una evoluzione progressista e di sinistra del Paese.
Anni terribili, difficili da raccontare a chi non li ha conosciuti. Anni di piombo, sono stati chiamati. Ma anche anni di grandi conquiste civili, sociali, di importanti riforme, grazie alle lotte dei lavoratori, dei sindacati, della sinistra.
Per fortuna esistevano dei baluardi, una Italia civile e democratica, che non piegava la testa. I partiti antifascisti, i sindacati, il mondo del lavoro. Uomini e donne, giovani, che non si rinchiudevano in casa, di fronte al rumore delle bombe e delle armi, ma scendevano nelle strade, nelle piazze per dire NO alla violenza, al terrorismo eversivo, per difendere la democrazia nata dalla Resistenza.
La FGCI ed ovviamente il PCI svolsero un ruolo fondamentale di orientamento democratico, di contrasto quotidiano, anche fisico, a chi teorizzava e praticava la violenza, la lotta armata. Oggi in un tempo in cui al governo del c’e’ chi intende riscrivere e cancellare la storia del nostro Paese e della sua fragile e travagliata democrazia, mi sembra giusto ricordare una generazione di giovani della FGCI, le ragazze ed i ragazzi di Berlinguer, che a viso aperto, furono protagonisti in quella stagione terribile, nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, contro la barbarie del terrorismo, dalla parte della democrazia, per conquistare nuovi diritti, spazi di partecipazione, tenere viva una speranza di trasformazione della società.
Sono passati 46 lunghi anni da quel tragico 16 marzo 1978. Ancora esistono misteri, pagine oscure sul rapimento di Aldo Moro e sui giorni del sequestro. Così come su molti degli attentati, delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese. Chissà se sapremo mai un giorno la verità su queste drammatiche vicende? E se sapremo dare giustizia, anche a distanza di decenni, alle tante vittime innocenti, ai familiari che hanno visto spezzate le vite dei loro cari.
E resta, 46 anni dopo, un enorme interrogativo. Se quel giorno di marzo, Aldo Moro, non fosse stato rapito e poi ucciso, sarebbe stata diversa e forse migliore la storia del nostro Paese?
Io continuo a pensare di si.
di Alessandro Cerrai
Alessandro Cerrai nato a Viareggio il 17-03-62 e residente a Viareggio.