Nei primi giorni di Febbraio la Regione Toscana ha approvato una legge sul fine vita con la quale sono stati precisati i tempi fissate procedure certe e individuate le strutture di riferimento. Subito dopo si è scatenato un polverone polemico dove si può trovare un po’ di tutto ed anche il suo contrario. Partiamo invece da un dato: il problema è all’ordine del giorno, con tanto di evidenza pubblica e mediatica da oltre un ventennio e si è dipanato tra casi eclatanti, persino situazioni penose e struggenti e mancanza di risposte da parte dello Stato.
Una di queste dolorosissime vicende fu sicuramente quella che coinvolse la famiglia Englaro. Eluana Englaro nel gennaio del 1992 a causa di un incidente stradale rimase in stato vegetativo permanente. Il padre in una recente intervista ha così risposto all’intervistatore: “Eluana ce l’aveva detto, l’aveva detto alle sue amiche, che non sarebbe mai voluta sopravvivere in quelle condizioni, nel caso le fosse accaduto qualcosa”. Per la famiglia oltre al dolore per quello che era capitato fu un vero e proprio calvario: ostacoli, prese di posizione, interventi ostativi per bloccare le procedure. Da questa vicenda si arrivò al così detto testamento biologico per permettere di decidere, in vita, cosa dovrebbero fare medici e familiari di fronte a casi come quello.
Con la sentenza 242 del 2019 la Corte Costituzionale chiedeva al Parlamento di legiferare in materia: purtroppo dopo sei anni abbiamo dovuto prendere atto che la sentenza è rimasta clamorosamente senza esito e nonostante l’alternarsi di maggioranze di centrosinistra, larghe e di emergenza, maggioranze di centrodestra. La sentenza stabilisce che è possibile accedere alla procedura di fine vita se esistono e sono rispettati quattro requisiti fondamentali: diagnosi infausta, mantenimento in vita da supporti, grave sofferenza fisica e psichica, libertà di scelta e che deve essere il Servizio sanitario nazionale a verificarli. Invita infine il Parlamento a colmare quel vuoto: cioè fare una legge. Lo ha detto chiaramente in questi giorni il Governatore del Veneto Zaia: “Il punto è che manca una legge che stabilisca i tempi: entro quando bisogna rispondere al paziente? Chi può somministrare il farmaco? È come se per l’aborto non si fossero fissati i termini per l’interruzione della gravidanza».
Se in questo colpevole stallo, con una casistica penetrante e con punte di effettiva drammaticità, una Regione, la Toscana e forse nei prossimi mesi più regioni – Regioni che certe forze politiche vorrebbero superdotate addirittura di una autonomia fino alla disarticolazione dello Stato- decidono di legiferare ci sembra il problema minore, anzi un atto positivo. Le forze della maggioranza sono insorte e hanno annunciato un ricorso: sarebbe invece molto più coerente e costruttivo procedere all’approvazione di una legge nazionale. Il Vescovo di Pistoia sul giornale Il Tirreno ha detto però che ci vuole ancora tempo, che questa legge è stata di bandiera e frettolosa e sostiene che non sia in discussione la necessità di legiferare ma si deve continuare a pensare per … “… favorire l’atteggiamento positivo, le cure palliative”. Però “…nascondere la testa sotto la sabbia non serve davvero a niente ” per dirla con le parole usate proprio da Luca Zaia.
Molti di coloro che sono intervenuti per condannare la Legge della Regione Toscana sostengono che bisognerebbe puntare sulle cure palliative e non sul fine vita. Anche a questo proposito il Presidente della Regione Veneto è stato molto chiaro e da cattolico e uomo istituzionale che conosce la realtà, che ha rapporti con i cittadini ha aggiunto: «I malati terminali che chiedono l’accesso alla procedura di fine vita rifiutano le cure palliative, facendo una scelta intima e personale» e questo perché «… la loro richiesta a un certo punto non ha più nulla a che fare col dolore insopportabile, ma con la dignità di quella condizione dell’ultima fase della loro vita».
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A tal proposito basterebbe tener conto di quanto ha detto recentemente al giornale Repubblica Martina Orpelli, 49 anni triestina affetta da sclerosi multipla dall’età di 28, oggi immobilizzata e a cui è stato negato il suicidio assistito: “…Sono immobile, immobile, se qualcuno non mi gira nel letto resto nella stessa posizione tutta la notte, ho le piaghe da decubito, la testa ormai mi cade in avanti, il tronco non mi regge, se non prendo antispastici, antiepilettici e antidolorifici potentissimi tipo il Fentanyl, vengo devastata da dolori disumani. Devo essere aiutata nelle funzioni primarie più intime. Non sono questi sostegni vitali?». E ancora: “…Una tortura sempre più feroce. Come vi sentireste se foste legati con corde strettissime, oppure chiusi in un sarcofago? Un filo d’erba è più libero di me. Esisto grazie al corpo degli altri, come i paguri che si attaccano alle conchiglie vuote per sopravvivere. A me piace la parola eutanasia, vuol dire buona morte, tecnicamente è qualcosa di diverso dal suicidio assistito, in entrambi i casi vuol dire andare via dolcemente. Ed è quello che spero. È bello che la Toscana abbia una legge che dà tempi certi, è una speranza».
Nell’Aprile del 2017 Davide Trentini morì in Svizzera dove era stato accompagnato per ottenere l’eutanasia. Davide lasciò una lettera dove diceva tra l’altro: ” spero tanto che l’Italia diventi un Paese più civile, facendo finalmente una legge che permetta di porre fine, senza rimedio, a casa propria, vicino ai propri cari, senza dover andare all’estero, con tutte le difficoltà del caso senza spese eccessive“. L’ex barista seppe di avere la sclerosi multipla nel 1993 all’età di 27 anni. Il tema dell’eutanasia e del fine vita ritorna oggi prepotentemente alla ribalta dei giornali e dei media e riaccende discussioni e confronti sollecitando riflessioni.
Perché in Italia è così difficile fare una cosa giusta al momento giusto? Perché ogni qual volta si affrontano problemi di libertà individuale, di coscienza, di autodeterminazione si leva un muro di arretrato clericalismo di tipo politico o religioso? Clericalismo è quel pensiero che tende a sostituire la religione allo Stato, ad imporre una convinzione religiosa, comprensiva degli imperativi morali a tutti quanti, anche a chi non li condivide, attraverso l’utilizzo delle strutture e delle leggi dello Stato. Perché non morire degnamente, vicino ai cari, senza nessun conto materiale e senza versare dei soldi a dei benefattori ma secondo una coscienza e mettendo fine ad una sofferenza atroce, ad una malattia invasiva e aggressiva che paralizza funzioni vitali e riduce la vita ad una larva ad una maledizione infernale? Perché non è possibile fare una legge per quei casi drammatici e per consentire di morire civilmente in pace e serenità con la propria coscienza? Non è possibile perché, si dice, nessuno può togliere la vita che solo Dio l’ha creata. Ci sono molte persone che a quel Dio non credono e, pure rispettose di chi invece professa quella religione e ne accetta tutti i sacramenti e i dettami di vita, non chiedono al loro Stato di fare una legge che offenda quelle convinzioni ma solo una legge che tutela loro.
Una legge umana che dia delle risposte a chi ritiene, senza prescrivere qualcosa obbligando l’intera comunità ad utilizzarla. Questa non solo è umanità ma tolleranza, spirito laico, è la considerazione che lo Stato è un contenitore che deve dare risposte a tutti, anche alle minoranze. Dice però il deputato clericale che non può votare contro coscienza. Non ci dovrebbero essere deputati o senatori clericali. Tutti i deputati infatti, al momento di entrare in ruolo giurano fedeltà alla nostra Costituzione e alla Repubblica ed avrebbero il dovere di far prevalere lo spirito laico nella loro missione e nel loro incarico. Pur toccando aspetti più delicati e sensibili- come la vita e la morte, l’esistenza e l’autodeterminazione- questa discussione ricorda quelle sul divorzio prima e sull’aborto dopo.
Una legge su queste materie non deve imporre alcunché a nessuno, deve solo dare una possibilità, una chance a coloro che non sono religiosi, che non sono confessionali, che non sono clericali o che lo sono ma che difronte alla disperazione totale e al dolore inenarrabile, al loro stato vegetativo decidono scientemente, capaci di intendere e volere, di non seguire i precetti etici, morali e religiosi. L’Italia comunque è sempre in ritardo: dipenderà sicuramente dagli italiani ma un certo clericalismo ed una diffusa gamma di credenze religiose ne hanno sempre frenato le istanze anticipatrici e moderne. E la politica molto spesso, come la nostra storia dimostra se n’è appropriata o attualmente le sta utilizzando per soli fini elettorali. Molto spesso il profilo privato di questi moderni Savonarola è assai distante da quello esibito in pubblico in una continua e snervante campagna elettorale.
Anni or sono fu pubblicato un articolo sulla lezione di Lamaitre dal titolo ” La fede non spiega il cosmo. Tra le scienze la psicologia è la più vicina alla religione”. Chi era Lamaitre? Uno dei più grandi scienziati del ventesimo secolo ed era sacerdote della Chiesa cattolica. Aveva capito che tutte le cose che vediamo attorno a noi sono nate da una grande esplosione, quella che successivamente prese il nome Big Bang. Durante una conversazione lo scienziato ateo Dirac affermò che la cosmologia fosse la scienza più vicina alla religione ma Lemaître dissentì e replicò che il ramo scientifico più vicino alla religione fosse invece la psicologia. Lamaitre ha sempre operato per evitare che la Chiesa facesse un collegamento tra il Big Bang e la narrazione della Genesi. L’articolista Carlo Rovelli in uno dei suoi tanti servizi fece una valutazione tra le religioni che non venivano a trovarsi in conflitto con il mondo scientifico e quelle che invece lo ritenevano una minaccia.
Citando Lamaitre Rovelli scriveva che ” le religioni reali sono strutture culturali e sociali complesse che hanno giocato un ruolo importante nell’evoluzione della civiltà… quando l’umanità ha trovato modi migliori per trattare diverse questioni– la democrazia laica tollerante e pluralista per la gestione della cosa pubblica o la scienza per interrogarsi come funziona il mondo- alcune religioni si sono messe in conflitto… “La Chiesa anglicana e il buddhismo“- proseguiva l’articolo di Rovelli- “sono religioni che non cercano di imporre i loro punti di vista a chi non li condivide ma sanno parlare al cuore e alle menti degli esseri umani, per farli riflettere sanno offrire un insegnamento tra trascendenza, riti, coesione e rifugio. Lamaitre aveva considerazione dei limiti della scienza ma anche per quelli della religione”.
Ecco questo è quell’approccio che tutti dovremmo avere, soprattutto in un Paese dalle tradizioni culturali così importanti come il nostro. Il Governatore del Veneto Zaia è stato chiaro: «È doveroso rispettare le idee di tutti, non offendere nessuno, ma il mantra per me resta: la tua libertà finisce dove inizia la mia e viceversa».
Ancora più emblematico quanto affermato da Beppino Englaro facendo riferimento ad una frase del libro ‘Una storia semplice’ di Leonardo Sciascia: “Ad un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire l’ultima speranza”».
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Niclo Vitelli( 1954) è stato Segretario della Federazione del Pci della Versilia,
Consigliere Comunale e Assessore a Viareggio, Presidente del Festival Pucciniano
negli anni Ottanta e ha fatto parte successivamente del Consiglio di Indirizzo della
Fondazione Festival Puccini di Torre del Lago, Capogruppo del Pci al Comune di
Seravezza e Consigliere dell’Associazione Intercomunale Versilia, Dirigente alle
Relazioni Industriali al Cantiere Navale Sec di Viareggio, responsabile del CTL di
Legacoop nella Provincia di Lucca, responsabile di Lega Pesca Toscana, responsabile
delle politiche concertative di Legacoop Toscana fino al Luglio 2019 e attualmente
ricopre l’incarico di Presidente del Comitato dei Garanti nazionale di Legacoop. Nel
1995 con Pezzini Editore ha pubblicato il Libro ‘C’eravamo tanto amati’, nel Luglio
del 2016 con Edizioni Clichy-Firenze Leonardo Edizioni ha pubblicato il libro ‘Un
bel dì vedremo-Il Festival di Giacomo Puccini. Cronaca di un’incompiuta’ e
nell’aprile 2021 con Cinquesensi Editore ha pubblicato il libro ‘Hop Frog Futuro
anteriore’. Vive a Piano di Conca nel Comune di Massarosa.