Nell’era della tecnologia i panorami culturali cambiano molto velocemente. Il mondo di oggi ci pone ogni giorno di fronte a nuove sfide e nuovi scenari: dobbiamo acquisire continuamente la padronanza di nuove competenze, nuove modalità di gestione del tempo e del lavoro, oltre che gestire situazioni sempre più critiche. Nella società moderna quindi, possedere o sviluppare il pensiero creativo è fondamentale. Avere una buona fluidità di pensiero, permette di far fronte ai cambiamenti, cogliere le nuove opportunità che nascono dal progresso e saper gestire anche momenti critici. Ma come si arriva ad avere un pensiero creativo?
Creatività ed evoluzione
La creatività si configura come un’abilità di vita molto importante non solo perchè è in grado di favorire il processo di adattamento alla complessità crescente delle società, ma soprattutto perchè serve come motore per lo sviluppo e l’evoluzione del nostro tempo. (Per questo è fondamentale promuovere lo sviluppo della creatività fin da bambini).
La relazione tra intelligenza e potenziale creativo
L’intelligenza è un fattore necessario, ma da sola non è sufficiente a garantire l’espressione creativa. Molte teorie psicologiche ritengono infatti che si possono avere alti livelli di intelligenza ma bassi livelli di potenziale creativo. L’approccio creativo a situazioni o problemi è un’attività complessa che spesso dipende da più fattori: strategie di ridefinizione del problema, capacità cognitive e anche patrimonio di conoscenze pregresse dell’individuo. Possono esserci dei fattori personali che bloccano la creatività ma che divengono più forti con la crescita, oppure che cambiano nel corso del tempo dando nuove possibilità al processo creativo.
David Walton, psicologo clinico e autore del libro “L’intelligenza emotiva” fornisce un interessante punto di vista sulla creatività. Walton sostiene che l’ostacolo maggiore all’espressione della creatività sia da rintracciarsi nell’azione di due forti spinte interne all’individuo:
- il riconoscimento della propria individualità, mosso dal bisogno di mostrarsi unici e di veder riconosciuta dagli altri questa unicità
- la socialità, che fa riferimento al nostro bisogno di connetterci con gli altri e di appartenere a uno o più gruppi
Sia il bisogno di riconoscimento che il bisogno di appartenenza sono due bisogni fondamentali per il buon funzionamento dell’individuo.
Quando l’identificazione con il gruppo di appartenenza è più rilevante, ad esempio nei momenti di condivisione delle esperienze, in famiglia o sul luogo di lavoro, gli individui si concentrano su ciò che li rende simili agli altri individui. Queste forze che ci guidano verso il gruppo però, possono minare la creatività a livello individuale, perchè inibisce quei moti nati dal bisogno di mostrarsi unici. Questo conduce a sviluppare un falso sé, ovvero un sé dettato dal mancato riconoscimento dell’unicità della persona e che risponde alla richiesta “dimmi chi vuoi che io sia”.
Al contrario, per gli individui che privilegiano lo sviluppo e l’implementazione della loro unicità, sono proprio le differenze dagli altri ad essere maggiormente significative. L’esercizio del pensiero creativo si inserisce sicuramente in questa seconda categoria e rappresenta il modo migliore di perseguire la nostra unicità: gli individui sono in grado di affermare il loro essere diversi dagli altri generando idee, prodotti o performance nuove, esplorando orizzonti e collegamenti originali anche per far fronte a nuove situazioni da risolvere.
Cosa inibisce il pensiero creativo?
- Apprendimento e abitudine: l’abilità di creare abitudini è di sicuro una capacità necessaria per dirigere i comportamenti nella vita di tutti i giorni ma, con il passare degli anni, rischia di rendere difficile l’individuazione e la creazione di nuove possibilità, o anche di sapersi liberare delle abitudini che soffocano la nostra creatività
- regole e tradizioni: famiglia, scuola e la vita in comunità guidano inevitabilmente la nostra condotta personale, sociale e istituzionale influenzando l’espressione di idee nuove e controtendenza
- barriere percettive: gli individui sono predisposti a percepire la realtà in modo familiare attraverso ciò che viene definito perceptual set, mental set o functional fixedness. Questi set percettivi sono il lato opposto della flessibilità, perchè legati alla necessità di saper prendere decisioni e arrivare a conclusioni in modo veloce, senza esplorare le possibili alternative
- barriere culturali: si riferiscono all’influenza sociale, alle aspettative e alla pressione esercitata dal conformismo basata sulle norme sociali ed istituzionali. Includono il conformarsi a quello che crediamo gli altri si aspettino da noi e dal nostro comportamento. In questo caso, il conformismo è una reazione alla paura di essere considerati diversi.
L’importanza di non essere se stessi
Alla luce dei condizionamenti sociali e di tutti possibili bisogni di riconoscimento – spesso inconsci – di un individuo, risulta difficile sviluppare veramente un pensiero creativo. Ciò che crediamo essere “noi stessi” in realtà è spesso un contenitore di conformismi e valori che non ci appartengono, che impedisce invece al nostro vero sè di esprimersi liberamente e portare il suo contributo nel mondo.
Essere se stessi, in questi termini, rischia di essere la paralisi della creatività. Se rimaniamo quello che siamo, se accettiamo la realtà così com’è per la paura di essere diversi, di non essere accettati e riconosciuti dagli altri o se abbiamo paura di abbandonare le nostre certezze (che spesso sono solo limiti), succede che smettiamo di cercare, di trovare nuove prospettive e soluzioni, ci precludiamo la possibilità di scoprire quelle parti vere di noi stessi che possono essere trovate solo quando abbandoniamo ciò che crediamo essere sempre stati.
Mi chiamo Claudia Cinquini, ma tutti mi chiamano “la Claudina” perchè sono formato Bonsai. Sono una ragazza digitale classe 1985, infatti mi sono laureata in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Il mio sogno era rendere i contenuti digitali belli, semplici e comunicativi per gli utenti del web, poi il destino mi ha portato altrove.
Dal 2011 lavoro in una RSA, ho conseguito un Master di I livello in Management per le funzioni di coordinamento nell’area delle professioni sanitarie e adesso sono Coordinatrice in questo piccolo mondo. L’attenzione alla cura, alla salute e al benessere psico-fisico probabilmente erano già dei semi dentro di me e questo lavoro è stato il terreno giusto per farli germogliare. Sono anche Facilitatore Mindfulness e diplomata presso l’Università Popolare di Scienze della Salute, Psicologiche e Sociali come Consulente in Scienze Naturopatiche. Mi piacerebbe poter diffondere consapevolezza e informazione verso stili di vita più sani e orientati al benessere inteso in senso olistico, una fusione armonica di tutte le componenti della vita di una persona: quella biologica, psichica, sociale e spirituale per questo ho creato Live Mindfully, dove cerco di condividere le mie conoscenze e la mia visione.