IL BAMBINO E LA MORTE DI UNA PERSONA CARA

Se un componente della vostra famiglia o qualcuno che vive con voi sta per morire, si prospetta purtroppo un periodo estremamente delicato sia per voi sia per i vostri figli. Le cose che il bambino non conosce lo spaventano ed è proprio per questo motivo che è importante rispondere alle sue domande con sincerità e chiarezza, dedicando del tempo ad ascoltarlo.

In linea di massima è sempre consigliabile avere un atteggiamento onesto e sincero nei suoi confronti, spiegandogli chiaramente quello che sta accadendo ed è fondamentale non dimenticare che anche il bambino ha bisogno di affrontare e gestire il suo dolore.

Generalmente si pensa che un bambino non sia ancora in grado di comprendere appieno il concetto della morte, oppure che sia per lui un dolore troppo grande da sopportare, automaticamente si è portati a cercare di proteggerlo. In realtà, i bambini sono in grado di comprendere benissimo tale concetto e se viene loro spiegato adeguatamente in base all’età, altrettanto bene sanno gestire la situazione, spesso molto meglio degli adulti.

Inoltre nella nostra cultura la morte è troppo spesso esorcizzata, se ne parla poco, e siamo noi adulti per primi a bandirla dai discorsi, soprattutto in presenza dei bambini, perché si pensa che il tema strida con la spensieratezza tipica dell’infanzia. Da noi sarebbero impensabili i party post funerale tipici della cultura d’Oltreoceano. Il funerale viene vissuto in maniera cupa ma ciò non è d’aiuto ai bambini, che hanno bisogno di capire fin da subito che la vita continua (nelle culture in cui si mangia e si beve dopo i funerali si assolve meglio a questo compito, in un certo senso).

Ciò che il bambino è in grado di capire della morte, dipende dalla sua età, dalle sue caratteristiche personali e dalla relazione che aveva con la persona che sta per morire.

Nei primi tre anni di vita i bambini negano ogni forma di interruzione di vita, ovvero negano la scomparsa definitiva. I bambini più piccoli si sentono generalmente molto confusi e non comprendono del tutto ciò che sta accadendo, hanno bisogno di essere rassicurati, abbracciati, baciati e coccolati.

I bambini tra i 3 ed i 5 anni vedono la morte come una partenza momentanea e pensano che la persona morta tornerà. Sono generalmente abituati a guardare cartoni animati in cui non di rado i personaggi fantastici “muoiono” e poi ricompaiono miracolosamente vivi e pronti per nuove avventure. Quando tuttavia la morte li interessa da vicino, vivono intensamente la perdita, vivono intensamente il dolore perché sono già in grado di capire che cosa sia la sofferenza. I bambini intorno ai 5 anni si mostrano spesso incuriositi dagli aspetti fisici e biologici della morte.

I bambini tra i 7 e gli 8 anni hanno un’idea più realistica della morte ma uno dei problemi maggiori è dato dal fatto che non sono in grado di capire e identificare in maniera chiara le loro emozioni. Potrebbero regredire in abilità precedentemente acquisite e diventare aggressivi con i compagni o sfogare la loro aggressività verso giocattoli e altri oggetti. Di solito esprimono interessamento per quegli aspetti che riguardano i funerali ed il rito della sepoltura.

I bambini tra gli 8 e gli 11 anni vedono la morte come la fine delle funzioni vitali, per esempio come assenza di respiro o assenza di battito cardiaco. Anche a questa età i bambini non sanno riconoscere in modo chiaro le emozioni che provano e potrebbero esprimere rabbia e dolore con i compagni o con i familiari attraverso comportamenti aggressivi o tipici di quando erano più piccoli.

I bambini dagli 11 anni in su sono in grado di comprendere la morte in termini adulti, vanno pertanto trattati come tali, ricordando che spesso hanno difficoltà a gestire ed esprimere le proprie emozioni, proprio come accade per gli adulti.

Nonostante le diverse modalità di reazione è essenziale che diciate sempre la verità al bambino su quanto sta accadendo, anche nel caso che si mostri arrabbiato o indispettito quando iniziate a parlargliene. I bambini più piccoli possono essere spaventati dall’idea di aver potuto in qualche modo causare la morte della persona cara con i propri pensieri o per essersi arrabbiati in qualche momento, ed è in questo caso che diventa indispensabile rassicurare vostro figlio dicendogli che la morte non è assolutamente in relazione con lui. 

I genitori che possono contare sul proprio credo religioso, sulla fede, sono in grado di raccontare storie più edificanti e messaggi di speranza (“Un giorno ci ritroveremo tutti insieme in Paradiso”).

Per chi è non credente, la questione si fa più ardua e dare risposte confortanti forse è più complicato. Non è corretto prendere a prestito spiegazioni religiose se non si crede, ma al tempo stesso non si deve commettere l’errore di trasmettere così nudo e crudo il proprio pensiero ateo. Sarebbe irrispettoso del bambino rispondergli brutalmente che non ci sarà più niente dopo la morte, solo per essere coerenti con le proprie convinzioni. E’ irriguardoso nei suoi confronti perché lui ha tutto il diritto di formarsi le proprie convinzioni personali col passare del tempo.

Magari può essere d’aiuto, nel rispondere, utilizzare frasi non troppo dirette del tipo: “Il nonno, la mamma, o chicchessia non lo rivedremo in questa vita, ma i suoi insegnamenti, il suo ricordo vivranno con noi, continueranno a esserci accanto anche se in modo diverso, un segno che andrà al di là della pura esistenza”.

Oppure “La nonna continuerà a vivere con noi finché noi ne manterremo vivo il ricordo”. Oppure “Alcune persone credono che ci rivedremo tutti nell’aldilà, chissà, io non lo so, ma nel frattempo l’importante è mantenere vivo il ricordo del nostro caro”.

Il bambino può essere molto preoccupato ed impaurito dall’idea che qualcun altro della sua famiglia potrebbe morire o dall’idea che se perde uno dei genitori potrebbe perdere anche l’altro. Interviene quindi anche il concetto di separazione improvvisa che potrebbe creare ulteriori difficoltà.

Nell’affrontare con il bambino questo argomento è importante fargli capire che non è la morte in sé, in quanto evento fisico, ciò che ci fa stare male, ma che piangiamo e manifestiamo il nostro dolore perché è la fine di una relazione speciale che ci rende estremamente tristi. 

Durante i colloqui con i genitori in merito al concetto di morte mi rendo conto che l’istinto protettivo è ciò che prevale e non di rado mi vengono riferiti racconti di persone che se ne sono andate perché “hanno affrontato un lungo viaggio”, oppure che rimangono in ospedale per un tempo indeterminato perché “sono molto malati”. In quest’ultimo caso poi è anche importante fare attenzione a non associare necessariamente il concetto di malattia a quello di morte perché la malattia nella maggior parte dei casi è un evento passeggero o comunque curabile.

Qualsiasi sia la spiegazione che un genitore intende dare al proprio figlio è necessario che non si generi nel bambino l’attesa di un ritorno che non avverrà mai. 

Laddove possibile, e sempre in relazione all’età dei bambini, è auspicabile prepararli all’evento. Una comunicazione anticipata, preparata, rende l’evento meno drammatico per il bambino e favorisce l’accettazione della morte nel momento in cui accadrà realmente, permettendo altresì al bambino di cominciare pian piano a sperimentare il suo dolore.

Quando viene a mancare un proprio caro i bambini fanno domande e chiedono spiegazioni. Oltre a calibrare bene quello che è meglio dire è bene tenere presente che loro saranno molto condizionati da come ci vedranno reagire e comportarci in quei frangenti. Se respireranno un’atmosfera tragica che non ispira continuità di vita, anche se le spiegazioni saranno illuminate, il messaggio di disperazione prevarrà sulle parole edificanti. Quindi attenzione a come vi ponete e vi fate vedere in quei delicati momenti. Il che non significa che bisogna nascondere la sofferenza, inevitabile, ma che va esternata con tatto, magari evitando di far vedere che non si mangia e non si dorme più, indici ricollegabili alla mancanza di speranza. E nella comunicazione coi figli la speranza è tutto.

Come i bambini esprimono il dolore

I bambini più piccoli possono essere molto confusi e non capire quello che sta succedendo. Dal momento che non hanno ancora raggiunto una completa padronanza del linguaggio, hanno difficoltà ad esprimere verbalmente le proprie emozioni, per questo manifestano il loro dolore e la loro sofferenza attraverso il comportamento. Possono mostrarsi più paurosi rispetto a prima nel momento in cui devono separarsi da uno dei genitori, specie quando devono andare a letto e dormire da soli. Possono volervi stare sempre appiccicati, succhiarsi il pollice, perdere appetito o avere comportamenti tipici di bambini più piccoli rispetto alla loro età. Alcuni bambini sperimentano rabbia per l’accaduto e manifestano la sofferenza con comportamenti aggressivi e distruttivi o ridacchiando in maniera inappropriata in contesti che non lo prevedono. Altre manifestazioni tipiche di uno stato di sofferenza possono essere avere degli incubi, fare la pipì a letto, fare un sacco di capricci, andare male a scuola o avere comportamenti finalizzati a ricevere attenzione. Il bambino può anche arrivare a negare che la persona cara sia morta o ad avere manifestazioni fisiche ed emozionali in risposta alla situazione. Può manifestare rabbia per la perdita cercando di allontanare l’idea della persona morta o dicendo ad un genitore di odiarlo per aver lasciato che la persona cara morisse. Il bambino può sentirsi molto insicuro ed incapace di gestire le situazioni quotidiane, sentirsi in colpa e pensare che, se si fosse comportato meglio, forse questa persona per lui speciale non sarebbe morta. Può diventare molto pauroso ed essere terrorizzato se lui o qualcuno della famiglia si ammala perché teme che la conseguenza possa essere la morte.

Mi è capitato che i genitori mi chiedessero se fosse opportuno far partecipare i bambini al funerale. Ritengo non sia possibile trovare una regola ferrea per questo argomento che possa valere per tutti e per tutte le situazioni. Bisogna distinguere. Se si tratta di funerali in cui sono prevedibili scene di disperazione incontenibile, vuoi perché per esempio si tratta di una morte improvvisa a cui nessuno si è potuto preparare (magari in seguito a un incidente stradale), o vuoi perché conoscendo la fragilità dei più coinvolti si può già immaginare che si assisterebbe a situazioni di disperazione estrema, allora è meglio lasciare i bambini a casa.

Se invece la probabilità è quella di assistere a scene di tristezza infinita ma con contegno, può essere indicato portare anche i piccoli di casa ai funerali, non dimenticando quanto sopra detto in merito all’età, magari usando l’accortezza di farli sedere vicino a uno zio o a un’amica non coinvolti in prima linea dall’evento luttuoso. Appena terminata la funzione, sarebbe bene portare i bimbi a fare qualcosa di vitale, che sia un giro alle giostre o ai giardinetti poiché è sano che passi subito il messaggio di speranza che la vita continua.

Permettete ai vostri bambini di esprimere liberamente le loro emozioni e parlate loro in maniera onesta e sincera, rassicurateli con il vostro affetto e supporto e condividete con loro il dolore, è questo il modo migliore per aiutarli a gestire i momenti di sofferenza.

AnnaMaria Montanaro

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